Organizzare concerti fa male al cuore #1: La puntualità

Se ben ricordo, bazzico nell’ambito dell’organizzazione eventi in maniera più o meno professionale da almeno 8 anni e se dovessi pensare a una parola per descriverli sarebbe una e una sola: ansia.

Sono una persona estremamente apprensiva, lo sono in tutte le occasioni. Ho un’ossessione maniacale per la puntualità che mi spinge ad arrivare sempre in anticipo a tutti i miei appuntamenti (molte volte anche in anticipo sull’anticipo che mi ero prefissato).Questo mi porta a vivere una vita di solitudine e cocenti delusioni visto e considerato che la maggior parte delle persone che conosco va in direzione ostinata e contraria.

Se ci spingiamo nell’ambito dei concerti, questa mia condizione raggiunge livelli cosmici.

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Che mondo sarebbe senza Spotify?

Ieri Pitchfork ha pubblicato un articolo di Damon Krukowski, un nome che dirà poco a molti, ma che comunque ha scritto un pezzettino di storia della musica statunitense, prima con i Galaxie 500, poi con Damon & Naomi. L’articolo in questione è un’interessantissima analisi di Spotify e più in generale della fruizione della musica gratuita in quest’epoca stupida e feroce (cit.).
L’assunto di partenza, forse ovvio per gli addetti ai lavori, ma completamente ignorato dalle masse di ascoltatori, è questo: i 5960 ascolti della canzone più famosa della band più famosa di mister Krukowski – che è questa, ha 30 anni e suona ancora molto bene oggi – nel 2012  ha fruttato ben 1 dollaro e 5 centesimi per le tasche di Damon e soci. Certo, stiamo parlando di musica realmente indie che ahimè pochi si inculano al giorno d’oggi. Ma è un esempio calzante per far capire che no, i più piccoli non ci guadagnano un tubo dallo streaming di Spotify.
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