Non ascoltavo (solo) metal #1: Smash

Ricordo ancora molto bene la prima volta che ho sentito parlare di punk. Era alle macchinette automatiche delle bevande nel corridoio un po’ triste e molto squallido del liceo, in prima superiore (o quarta ginnasio se siete di quelli che tengono a questa distinzione un po’ rétro). Due o tre compagni di scuola parlavano di punk e metal e io, che ieri come oggi ero schivo, patologicamente asociale ma assai curioso, fremevo dalla voglia di capirne di più. Anche perché i miei ascolti fino a quel momento oscillavano tra Sottotono, Articolo 31 e le cassette di rock-folk- pop-beat di mio padre risalenti agli anni ormai già lontani della sua gioventù. Alla quarta volta che qualcuno diceva che il punk era davvero troppo figo presi il coraggio a due mani e chiesi, molto timidamente, che cosa fosse il punk (sic!). La risposta fu molto concisa e un filino fredda: è come il metal ma con le chitarre meno brabrabrang e più veloce. L’informazione non mi fu molto utile considerando che la cosa più metal che avevo sentito in quel momento era forse “Nine Lives” degli Aerosmith (che rimane in ogni caso un bel disco). Ringraziai e me ne tornai in classe a bere il mio thè freddo alla pesca, capendo al contempo che non sarei mai stato il più popolare del liceo e che di musica non ne sapevo davvero nulla.

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